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Discorso, musica e neanderthal

da Carl Wieland
tradotto da Paolo Tallone – Creazionismo e Scienza

Chittka L, Brockmann modified by dan1gia2 | CC BY-SA 3.0 | Wikimedia17126-ear
Il sistema uditivo umano è troppo “so­vra­pro­get­ta­to” perché l’evoluzione possa spiegarlo.

Ci si abitua a leggere quanto certi animali siano migliori di noi umani in vari compiti sensoriali. Ad esempio, lo squisito senso dell’olfatto di quelli che seguono le loro prede o la vista sorprendentemente acuta di un falco. Non ci sorprende nemmeno il fatto che ci siano frequenze che i cani sentono e che per noi sono impossibili da udire.

Quindi è interessante sapere di recenti ricerche che dimostrano che esiste un’area, quella relativa all’udito, in cui gli esseri umani eccellono sopra qualsiasi mammifero.1

È noto da tempo che l’orecchio umano ha una straordinaria capacità di discernere piccole differenze nelle frequenze sonore udibili, indipendentemente dalla loro altezza o dalla distanza da noi. Ma anche questo diventa insignificante rispetto alla capacità di regolazione fine/discriminatoria delle singole cellule cerebrali nella corteccia uditiva degli esseri umani. In effetti, sono trenta volte migliori nel farlo rispetto al nervo uditivo che trasporta loro i segnali.

La ricerca è stata effettuata impiantando elettrodi per stimolare direttamente i neuroni. I risultati furono sorprendenti.

“Un singolo neurone uditivo umano ha mostrato una straordinaria capacità di distinguere tra differenze di frequenza molto sottili, fino a un decimo di ottava. Questo, rispetto ad una sensibilità di circa un’ottava nel gatto, di circa un terzo di ottava nei ratti e da mezza a un’ottava intera nel macaco [scimmia]”.2

Ciò solleva una domanda interessante per gli evoluzionisti: perché dovrebbe essere così? Il primo suggerimento che potrebbe venire in mente a chi riflette distrattamente potrebbe avere a che fare con la parola, un’abilità unica degli esseri umani. Quindi, potrebbero affermare gli evoluzionisti, gli stessi vantaggi selettivi offerti dalla parola (sopravvivenza del gruppo grazie al miglioramento della comunicazione, ecc.) hanno assicurato che la necessaria discriminazione di frequenza emergesse anche dai processi neo-darwiniani.

Ma questo non funzionerà, per la semplice ragione che un tale livello di discriminazione non è necessario per la discriminazione vocale. Probabilmente è necessario per apprezzare la musica. Ma quale possibile vantaggio di sopravvivenza ha la musica? Ad oggi non è stato possibile applicarvi alcuna spiegazione evoluzionistica. Ha molto più senso vederlo come uno di quegli ovvi doni del Creatore/Progettista all’umanità, sia per il nostro piacere sia per poter esprimere adorazione e lode a Colui che ha fornito il dono in primo luogo. Nessun animale ha mai inventato, né mai inventerà, le fughe di Bach.

Riflettendo sulla musica e sulle sottili differenze di frequenze viene in mente la scoperta, precedentemente riportata, di un frammento di flauto in osso proveniente da un sito di Neanderthal (Vedi Flauto di Neanderthal?). Il modo in cui era usurata l’area attorno al foro del dito suggeriva che il musicista si fosse impegnato in ciò che i musicisti jazz chiamano “flessione” delle note, ottenendo sottili differenze nelle frequenze facendo scorrere il dito attorno al foro.3

Naturalmente, questo non è un grosso problema per la visione del mondo creazionista, perché nello scenario storico della Genesi, i Neanderthal sono completamente umani, discendenti post-Babelici di Adamo. Quindi avrebbero avuto la capacità non solo di parlare, ma anche di suonare.Per coloro che vogliono adottare una visione della creazione “progressista”, perché vogliono accettare le date secolari associate al quadro evolutivo, i Neanderthal non possono essere umani. Questo perché “datati” a centinaia di migliaia di anni fa, quindi troppo antichi per qualsiasi Adamo biblico. Quindi devono essere una sorta di animali simili agli umani e senza spirito, una sorta di “esperimenti” prima della creazione dei veri esseri umani. Pertanto, qualsiasi prova di linguaggio o musica nei Neanderthal (il flauto d’osso e un osso ioide come quello degli umani, che suggerisca che potessero parlare – vedi L’uomo di Neanderthal: il quadro mutevole) è sgradita in tali ambienti.

Un ulteriore elemento di prova recente riguarda la scoperta, in una sequenza di DNA appartenente senza dubbio ad un Neanderthal, che l’individuo aveva un gene (chiamato FOXP2) che è stato collegato alla parola e al linguaggio.4 Mentre alcuni ricercatori (forse influenzati dal paradigma evolutivo dominante secondo cui i Neanderthal erano in qualche modo sub-umani e una specie diversa) invitano ad un cauto “aspetta e vedi”, la realtà è che la versione umana di questo gene – lo stesso di quello dei Neanderthal studiati – è abbastanza distinta da quella dello scimpanzé, per esempio. Ed è stato dimostrato che una mutazione in questo gene influenza la capacità di parlare di una persona. Quindi le prove sono piuttosto suggestive e rafforzano l’idea che i Neanderthal potessero parlare. Per lo meno, è direttamente coerente con la semplice storia della Genesi.

Prima pubblicazione: 27 febbraio 2008
Ripresentato il 19 marzo 2024

Riferimenti e note

  1. Bitterman, Y., Mukamel, R., Malach, R., Fried, I. e Nelken, I., Sintonizzazione della frequenza ultra fine rivelata in singoli neuroni della corteccia uditiva umana, Nature 451(7175):197–201, 10 gennaio 2008. Ritorna al testo.
  2. Neuroni uditivi umani più sensibili di quelli di altri mammiferi (Human auditory neurons more sensitive than those of other mammals), 16 gennaio 2008. Ritorna al testo.
  3. Hamer, M., Haunting tunes from ghostly players, New Scientist 2048:12, 21 settembre 1996. Ritorna al testo.
  4. Swaminathan, N., Cave speak: Did Neandertals talk? Scientific American News, 19 October 2007. Ritorna al testo.